E’ dall’inizio degli anni ottantanta, cioè 40 anni or sono che non si vedeva un incremento così rilevante del fondo trattamento di fine rapporto che le aziende accantonano a favore dei lavoratori dipendenti.
Si é passati ad un coefficiente del 2% di 10 anni fa, ad un coefficiente di rivalutazione del 4,35% a fine 2021, al 10% di fine 2022!
Le aziende fino a 50 dipendenti (non obbligate al versamento del tfr al fondo di tesoreria presso l’Inps) a meno che i lavoratori non abbiano optato per il trasferimento del tfr ai fondi di previdenza complementare, debbono pertanto rivalutare il fondo tfr accantonato al 31 dicembre 2021 per ciascun dipendenti, per il coefficente prossimo al 10%.
Un incremento di costi significativo per i datori di lavoro, determinato dalla forte spinta inflazionistica che oramai da mesi stiamo vivendo.
Nessun onere economico é invece sostenuto dall’azienda a titolo di rivalutazione con riferimento al trattamento di fine rapporto trasferito con modalità esplicita o tacita ai fondi di previdenza complementare.
Per i lavoratori che hanno conferito il tfr tacitamente, il guadagno dipende dalla gestione finanziaria del fondo ove esso viene investito; considerata la crescita rilevante dell’inflazione nel 2022 possiamo affermare che i rendimenti del fondo non saranno paragonabili a quelli del tfr lasciato in azienda.