In Italia, si sta assistendo da anni, ad un fenomeno che viene definito “𝐝𝐮𝐦𝐩𝐢𝐧𝐠 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐚𝐭𝐭𝐮𝐚𝐥𝐞”, il quale consiste nella stipulazione da parte di organizzazioni sindacali e datoriali scarsamente o per nulla rappresentative di CCNL 𝐜𝐨𝐧 𝐥’𝐮𝐧𝐢𝐜𝐨 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐚𝐧𝐝𝐚𝐫𝐞 𝐚 𝐩𝐞𝐠𝐠𝐢𝐨𝐫𝐚𝐫𝐞 𝐚𝐥 𝐫𝐢𝐛𝐚𝐬𝐬𝐨 𝐥𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐧𝐨𝐫𝐦𝐚𝐭𝐢𝐯𝐞 𝐞𝐝 𝐞𝐜𝐨𝐧𝐨𝐦𝐢𝐜𝐡𝐞 che disciplinano il contratto di lavoro subordinato.
Tale pratica ha come obiettivo 𝐫𝐢𝐝𝐮𝐫𝐫𝐞 𝐢𝐥 𝐜𝐨𝐬𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐥𝐚𝐯𝐨𝐫𝐨 e le tutele contrattuali per contrastare la concorrenza di aziende più rispettose delle regole e più virtuose, a danno delle condizioni di lavoro e della qualità dell’offerta.
𝐌𝐚 𝐝𝐢 𝐟𝐚𝐭𝐭𝐨 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐢 𝐝𝐚𝐭𝐢 𝐬𝐮𝐥𝐥𝐚 𝐫𝐞𝐚𝐥𝐞 𝐚𝐩𝐩𝐥𝐢𝐜𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐢 𝐜𝐜𝐧𝐥 𝐢𝐧 𝐈𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚?
Analizziamo i settori metalmeccanica, edilizia e terziario.
Per il settore metalmeccanico i contratti depositati presso l’archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi del CNEL sono in effetti ben 48.
Se analizziamo i dati del settore metalmeccanico forniti dall'Inps, si scopre che, su oltre due milioni e mezzo di lavoratori impiegati appunto in tale settore, ben 40 CCNL non sono applicati neanche a mille lavoratori.
Stessa storia per i contratti del settore ediliza, dove, su 50 contratti collettivi depositati presso il CNEL, solo cinque si applicano a più di mille lavoratori e, su più di seicentomila lavoratori impiegati nel settore, nel 98,34% dei casi a trovare applicazione è uno dei tre contratti sottoscritti congiuntamente da Fillea-Cgil, Filca-Cisl e Feneal-Uil.
Idem il settore terziario, distribuzione e servizi, sul totale di 96 CCNL depositati presso il CNEL, soltanto 16 contratti trovano applicazione per più di mille lavoratori. Inoltre, dei quasi tre milioni di lavoratori (2.828.475) l’83,20% è coperto dal CCNL stipulato da Confcommercio e Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil, di gran lunga il contratto collettivo più applicato, con un ulteriore 11,80% dei lavoratori comunque garantito da uno degli altri tre contratti nazionali di categoria stipulato da federazioni sindacali afferenti a Cgil, Cisl e Uil.
In sintesi, stando ai dati dell’archivio del Cnel (Consiglio Nazionale dell'economia e del Lavoro in cui é istituito l'archivio nazionale dei contratti collettivi) a fronte di un apparente proliferare di contratti collettivi nazionali, da un punto di vista sostanziale, sono molto pochi – e di regola sottoscritti dal sindacato confederale – i contratti collettivi che hanno una maggiore applicazione.